Nonostante i 43055 e passa voti raccolti, che sono la testimonianza di una crescita assoluta avuta n questi anni, non siamo riusciti ad eleggere un consigliere regionale.
Non abbiamo rimpianti, perché abbiamo fatto tutto il possibile: una campagna ricca di eventi, dibattito politico sui temi, gli unici a fare banchetti per strada, una lista che ha lottato contro l’astensione.
Se non ci fossimo stati sarebbero state molte di più le persone che non sarebbero andate a votare, tante battaglie quotidiane non avrebbero avuto visibilità di esistere nel dibattito elettorale e tanti elementi politici non sarebbero venuti fuori.
Qual è stato allora il problema?
Il problema è che ormai le elezioni, soprattutto quelle regionali, dimostrano che la politica è entrata in una nuova fase. La prima caratteristica di questa nuova fase è un astensionismo strutturale, che non è nemmeno più di protesta, ma di distanza, di abbandono, di passività rispetto alla vita associata.
È chiaro che quando a votare non va il 56% delle persone tra cui la maggior parte giovani, lavoratori e lavoratrici, abitanti dei quartieri popolari, questo impedisce che ci sia un dibattito sui temi politici e comporta il fatto che a essere determinanti siano i pacchetti di voti e le clientele.
E questo è il secondo punto determinante: la scomparsa del voto di opinione ovvero di un voto basato intorno a orientamenti politici generali. In passato un accordo così evidentemente basso e corrotto tra Fico, De luca, Mastella, Cesaro, etc. avrebbe determinato un voto di protesta, un’indignazione morale, una voglia di cambiamento, soprattutto per chi era di sinistra.
Oggi quel poco di opinione che resta a sinistra è ossessivamente dominata dal voto utile, nello specifico CONTRO la destra e non PER qualcosa, per una visione di società o per una capacità dei leader.
Senza dibattito politico, senza una visione generale, senza una differenza morale tra le figure politiche la democrazia muore ed è davvero assurdo chi festeggia il trionfo tra queste macerie. O meglio, festeggiando dimostra qual è il suo vero interesse: quello che la gente non partecipi alla cosa pubblica, perché nel momento in cui partecipasse la cosa pubblica dovrebbe essere di tutti: comporterebbe una redistribuzione, una cura di ciò che è comune.
E qui veniamo al terzo aspetto: i pacchetti di voti.
Soprattutto in Campania, dove per ragioni storiche il voto è sempre stato più marcatamente clientelare, questo è stato l’aspetto più determinante di queste elezioni. Non è un caso che per vincere Fico ha dovuto imbarcare chi ha questi pacchetti. Basti vedere la distribuzione del voto di Mastella, i vecchi socialisti, e persino Cinque stelle e Avs, se si và a vedere la composizione della lista, il voto di consiglieri, assessori, figure istituzionali in genere, che sono in grado di fare piccoli favori, è determinante nei voti raccolti dalle rispettive liste.
Questo vuol dire che la politica è ridotta ad amministrazione nel senso più basso del termine: entra solo chi è già dentro, potendo garantire piccoli o grandi interventi immediati. Senza però alcuna progettazione, alcun orientamento, alcuna risoluzione reale dei problemi. Un sistema che, è solo questione di tempo, è destinato allo sfascio, ma che nel frattempo nella passività generale, nell’emigrazione e nell’impoverimento accresciuto, riesce a restare in piedi.
Noi come Campania popolare abbiamo provato a batterci contro tutto questo, sempre sapendo che è un compito molto difficile, non perché siamo utopisti, ma perché sappiamo che le nostre vite non possono migliorare se non siamo in grado di mettere fine a questa mala politica e di riportare le persone a interessarsi e a non lasciare che pochi decidano al posto loro.
Un’analisi puntuale del voto ci dice che questo lavoro non è inutile, perché siamo cresciuti dove in questi anni abbiamo lavorato con le case del popolo, dove siamo stati nelle lotte, dove abbiamo candidati stimati per le loro battaglie, basti pensare che nel Comune di Napoli, dove maggiore è il radicamento delle nostre organizzazioni, abbiamo preso 11,205 voti, cioè il 4,18% del totale sulla città. I dati ci dicono anche che spariamo da tutte le zone dove non esiste un dibattito o dove non arriva nemmeno la nostra esistenza.
Questo ci da un’indicazione di lavoro molto precisa. Continuare il radicamento territoriale, continuare a fare crescere una nuova generazione che già ora è stato il vero elemento di questa campagna elettorale. Continuare a recuperare ad una ad una tutte le persone che non si arrendono al fatto che la storia sia già scritta e per contare politicamente bisogna essere “figlio di” o “amico di”.
43.055 voti sono 43.055 persone coraggiose e libere che non dobbiamo disperdere e che anzi vogliamo organizzare sempre meglio in vista delle prossime sfide. Anche per questo già dalla prossima settimana terremo ovunque possibile assemblee e momenti di incontro con la nostra comunità che in questi due mesi di campagna si è allargata, perché pensiamo che in questa fase storica ognuno di noi possa fare la differenza.
Continuiamo a cambiare tutto.
Campania Popolare